INVIATI E “INVIATINI”, LA BATTAGLIA PER SALVARE UNA QUALIFICA FONDAMENTALE

Ho letto con attenzione l’articolo che riguarda le 4 proposte di Puntoeacapo sul nostro contratto . Credo però che non occorra inserire e/o creare nuove figure ma difendere la figura dell’inviato speciale che esiste e rappresenta in tutto il mondo la libertà dell’informazione. Credo che cercare strade alternative porti inevitabilmente ad una sconfitta. Il sindacato semmai deve continuare a tutelare i tanti inviati speciali che si trovano in difficoltà in molte redazioni.
A. Dibenedetto, giornalista della Rai

Risponde Corrado Giustiniani, autore dell’articolo
La figura dell’inviato speciale, purtroppo, è stata condannata al declino inelluttabile dal contratto nazionale dei giornalisti attualmente in vigore: è stata infatti creata la figura dell'”inviato a tempo”, che invano Puntoeacapo ha cercato di contrastare. Recita infatti il comma 6 dell’articolo 11: “A decorrere dall’entrata in vigore del presente contratto, ai giornalisti incaricati per iscritto dal direttore di svolgere servizi come inviati verrà corrisposta, per il periodo stabilito, un’indennità temporanea di funzione che assicuri il trattamento economico di capo servizio…” E, poco più sotto: “Esaurito l’incarico il giornalista riprenderà a svolgere le mansioni proprie della qualifica di appartenenza”.
Non più inviati, ma “inviatini”. Anche per protestare contro questa decisione Puntoeacapo chiese il referendum sul contratto voluto da Paolo Serventi Longhi e da Autonomia. Così, l’inviato speciale in pianta stabile diventa una “qualifica ad esaurimento”. Una perdita gravissima. Oltretutto, inviato non vuol dire solo e soltanto un giornalista “mandato sul posto”, che vede dunque la realtà in presa diretta. Si è inviati anche senza invio fisico, nel mondo degli approfondimenti, delle ricostruzioni, delle inchieste. Inviato vuol dire, in questa accezione, un collega che non necessariamente scrive per il giornale del giorno dopo, o opera per il telegiornale del giorno stesso. ma crea con perizia, capacità di “scavo” delle notizie e capacità di scrittura, quei servizi che poi fanno la differenza. Non ci sembra che esistano, attualmente, le condizioni per riproporre in tutta la sua schiacciante attualità questa figura nella duplice valenza di cui si è detto. Cerchiamo almeno, allora, di proporre una sorta di carriera alternativa al desk, al confenzionamento puro della notizia. Per chi ha scelto questo mestiere per scrivere, per stare sul campo. Una carriera che abbia almeno un doppio step. E, anche in questo, ci sentiamo abbastanza soli.

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