CONTRATTO, MAZZOCCHI: NESSUNA AUTOCRITICA PER UN RISULTATO CHE CONDIZIONERA’ IL FUTURO DI TUTTI

“Il contratto siglato, è stato detto, è un contratto di difesa, l’unico possibile in periodo di crisi. Ma chi ci ha portato fin qui, dopo 18 giorni di sciopero e più di tre anni anni di vacanza contrattuale non ha speso neanche una parola di autocritica”. E’ uno dei passaggi più importanti dell’intervento di Silvana Mazzocchi, portavoce di Puntoeacapo, alla riunione del consiglio direttivo dell’Associazione Stampa Romana dedicato all’esame della sigla dell’ipotesi di nuovo contratto giornalistico.

Nessuna autocritica, dunque, “e questo è grave perché quello che la dirigenza della Fnsi ci ha messo di fronte, dopo aver secretato le carte fino all’ultimo momento, è un contratto strutturale con nuove regole che, seppure stipulate in periodo di indiscutibile crisi, vengono fissate in un testo che rimarrà come base normativa ed economica per il futuro. Anche se e quando la crisi, come tutti ci auguriamo, sarà superata”.

Se possibile, in questo contratto, la parte normativa è peggiore di quella economica, che almeno è in parte motivata se non giustificata dalla crisi globale. “La filosofia dei distacchi e dei trasferimenti è devastante”, ha affermato Mazzocchi, “specie se armonizzata con quel pool di nuova invenzione che dovrebbe regolare l’organizzazione multimediale. Trasferimenti per due anni che non si possono rifiutare, obbligo di lavorare per più testate su richiesta. Attenzione, obbligo, non volontarietà. E, senza volontarietà, crolla il potere contrattuale dei giornalisti e l’impossibilità di opporsi alla decisione presa dal direttore (nel combinato tra quello della testata di appartenenza e quello della testata che lo richiede) rende di fatto il giornalista una pedina”.

E che valore avrà ormai avere una testata di riferimento se il Cdr, una volta informato, non può esercitare alcun potere vincolante? “Aver fatto parzialmente salvo l’articolo 34 senza affidare ai Cdr un potere reale, non ha senso. Possiamo immaginare il pool che gestisce i trasferimenti con i vicedirettori licenziabili alla guida? Dove va a finire l’autonomia dell’informazione? Quale baluardo avrà più un giovane collega per opporsi a cordate, mobbing strisciante e quant’altro?”.

Due figure nuove dovrebbero favorire le carriere di scrittura. Il redattore esperto e redattore senior. “Peccato”, ha osservato la portavoce di Puntoeacapo, “che anche questa sia una norma di facciata e a calare. Già dal 1989, a discrezione del direttore, possono essere nominati (senza alcun tetto d’anzianità prestabilito) redattori esperti e inviati esperti. Il primo tipo con la qualifica di vicecaposervizio, il secondo con quella vicecaporedattore. Ora i redattori esperti e i senior possono (non devono, poiché non è previsto alcun automatismo) essere nominati con 8 anni d’anzianità i primi e, dopo altri 5 anni, i secondi. Ma con le qualifiche di vicecaposervizio e di caposervizio, e sempre a discrezione del direttore. E, ciliegina sulla torta, l’aumento previsto per la qualifica sul minimo dello stipendio sarà assorbito dal superminimo”.

E veniamo agli scatti. “La nuova normativa, con i primi tre scatti biennali e gli altri triennali cancella di fatto l’unica forma di carriera non legata alla benevolenza delle cupole dei giornali. Questo oggettivo taglio degli scatti, coniugato con il fatto che non sono indicizzati, bensì per sempre congelati in cifra fissa sui valori in atto, fa sì che la perdita che potrà avere un giornalista che comincia oggi la sua carriera rispetto a un collega che l’ha iniziata nel ’76, sia calcolabile, nell’ambito di 15 anni, in almeno il 40%, 50% in meno. Un esempio per tutti, tanto per dare un’idea … Chi, nel ’76, aveva iniziato con una somma di circa 30.000 lire, 15 euro, oggi, per l’effetto trascinamento (ora abolito) si ritrova uno scatto di circa 150 euro, mentre se fossero stati congelati anche allora, lo avrebbe di 15 euro ancora oggi! Sommate questo danno a quello dovuto alla riduzione degli scatti, a quello che si perderà per tutti i ricaschi su straordinari, domeniche, festivi etc, a quello dovuto alla moratoria di otto mesi per chi si trova adesso in procinto di maturare lo scatto biennale ( che scivolerà) e vi renderete immediatamente conto che questo contratto si porta dietro una catastrofe senza precedenti. Che inciderà sui conti dell’Inpgi e della Casagit, già disastrata e, inutile dirlo, anche sul calcolo della pensione per i più giovani”.

Queste perdite, ha proseguito Silvana Mazzocchi, vanificano ampiamente gli aumenti dei minimi ottenuti, 260 euro, più 5 destinati al Fondo pensioni (inutile dire lordi), aumento che andrà a regime in due anni e invece già eroso dalla mancata vacanza contrattuale e dall’assenza di una tantum. Per non parlare delle somme perse con i 18 giorni di sciopero.

Nell’allegato N poi, le festività infrasettimanali vengono sì previste, ma ridotte per il 2009 al 30%, al 60% per il 2010 e solo nel 2011 portate al 100%.

“Infine, la rottamazione dei giornalisti: certo è un bene che l’Inpgi non debba più pagare scivoli e ammortizzatori sociali. Era ora che anche per i giornalisti se ne facesse carico lo Stato. Ma leggete con attenzione il nuovo articolo 33. In presenza di stato di crisi, torna ad affacciarsi un’interpretazione della norma che avevamo dimenticato, quella che permetteva di licenziare il giornalista per anzianità. Adesso sarà possibile, con 35 anni di contributi, disfarsi nel 2009 di chi ha 59 anni, nel 2010 e nel 2011 di chi ne avrà 69, 61 anni nel 2012 e 2013 e 62 anni nel 20014”.

Il che comporterà, ha osservato Mazzocchi, effetti rilevanti sull’Inpgi. “Da una parte mancheranno gli introiti in termini di contributi su stipendi alti; dall’altra l’Ente sarà chiamato a pagare le pensioni. Ora andremo al referendum. E dovrà essere vincolante per la firma. Altrimenti sarebbe fasullo”.

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