INPGI, GLI EFFETTI COLLATERALI DEI PREPENSIONAMENTI: PIU’ FACILE DISCRIMINARE LE DONNE

Alle aziende editoriali costa molto di meno prepensionare le giornaliste, che sono così ingiustamente discriminate rispetto agli uomini perché é più vantaggioso sbarazzarsene.

di Pierluigi Franz*

C’è un’altra stortura negli accordi FIEG/FNSI sui prepensionamenti per i quali si prevede un esodo di circa 700 giornalisti in tutta Italia tra il 2009 e il 2011 in base alla legge sull’editoria 416 del 1981 e successive modifiche e integrazioni.

In mezzo al dedalo di disposizioni (nuova normativa, decreti, delibere, accordi e nuovo contratto nazionale di lavoro) c’é un passaggio-chiave molto delicato su cui é necessario fare chiarezza perché nelle trattative é sfuggito a molti Comitati di redazione chiamati a pronunciarsi sugli stati di crisi.

E’ noto che:

1) il costo del prepensionamento per legge ora non é più a carico dell’INPGI, ma dello Stato (con un tetto annuo di 20 milioni di euro) che si è accollato permanentemente gli onerosi effetti degli eventuali scivoli concessi ad un giornalista;

2) le aziende editorali (agenzie di stampa, quotidiani e periodici) contribuiscono per il 30% della spesa ivi inclusa la restituzione all’INPGI della differenza tra la pensione ora erogata senza più tagli ad un prepensionato a seconda della sua età rispetto a quanto avveniva fino ad un anno fa quando sui vitalizi INPGI vigevano pesanti abbattimenti a scalare tra i 58 e i 65 anni di età per gli uomini e tra i 58 e i 60 per le donne. 
 
Viceversa non è stato ben spiegato che in caso di prepensionamento di giornaliste le aziende editoriali contribuiscono per il 30% della spesa solo fino al compimento dei 60 anni, mentre per i giornalisti fino ai 65 anni. La duplice diversa età si spiega con il fatto che le donne vanno in pensione di vecchiaia INPGI a 60 anni, mentre gli uomini a 65.

Di conseguenza, tenendo conto che per l’INPGI il costo di ogni prepensionamento si aggira in media intorno ai 65 mila euro l’anno, le aziende sono tenute a restituire in media all’INPGI intorno ai 20 mila euro l’anno  (= 65 mila x 30%) moltiplicati per il numero di anni mancanti ai 60 anni di età per le donne e ai 65 per gli uomini.

Tenendo poi conto che l’età minima richiesta dalla legge per accedere ai prepensionamenti in base alla legge 416 è di 58 anni, ne deriva che per le aziende editoriali il costo del prepensionamento di una donna giornalista si aggira in media al massimo intorno ai 40 mila euro (=20 mila euro per 2 anni), mentre per le aziende editoriali il costo del prepensionamento di un giornalista si aggira in media al massimo intorno ai 140 mila euro (=20 mila euro per 7 anni).
 
Alle aziende editoriali costa quindi molto di meno prepensionare le giornaliste, che sono così ingiustamente discriminate rispetto agli uomini perché é più vantaggioso sbarazzarsene. Per invogliare le giornaliste, infatti, ad accettare il prepensionamento le aziende offrono la stessa buonuscita messa a disposizione dei colleghi maschi senza però tener conto del minor contributo da versare all’INPGI per effetto della diversa età delle pensioni di vecchiaia delle donne (60 anni) rispetto a quella degli uomini (65 anni).

Per completezza si ricorda comunque che una giornalista al compimento dei 60 anni non é più soggetta al divieto di cumulo tra la pensione INPGI ed altri redditi da lavoro autonomo, mentre un giornalista, che non abbia almeno 40 anni di contributi previdenziali versati, fino al compimento dei 65 anni di età può cumulare la pensione INPGI con altri redditi da lavoro autonomo, ma con un tetto massimo di 20 mila 400 euro l’anno.

* Sindaco INPGI

 

 

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