AGI, NOMINE E SPESE FARAONICHE IN STATO DI CRISI. UN ALTRO EFFETTO PERVERSO DEL NUOVO CONTRATTO

Se volete verificare uno degli effetti perversi del nuovo contratto di lavoro, vedete la vicenda dell’Agi.  

C’è da restare interdetti di fronte ad una richiesta – accolta dal Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, anche se mancano i decreti  attuativi – di ricorso alla 416 per stato di crisi che coinvolge 19 prepensionamenti in due anni (2010-2011) e ad una ‘sfilza’ di nomine (vice-direttore, capo redattore centrale, capo-servizi) dentro una cascata di investimenti per oltre 5 milioni di euro tra nuova sede (la seconda dopo il trasferimento del 1999) ed ennesimo nuovo sistema informatico.

Prima il via ai prepensionamenti: sono gia’ usciti 14 redattori, molti dei quali non hanno da otto-nove mesi la pensione per mancanza del decreto, ne restano altri 5 per il 2011, e poi via alla sfilza di nomine, con il cambio di direzione e ricollocamento dell’ex-direttore, che aveva ampiamente maturato i requisiti della pensione, in un’affine attivita’ editoriale. 

E’ quanto avviene all’Agi, l’agenzia di stampa dell’Eni, il gruppo industriale piu’ potente, per profitti, del Paese ed il cui azionista di maggioranza e’ il Ministero del Tesoro.  La trattativa sulla 416 all’Agi, preceduta da una analoga per i poligrafici, e’ stata la piu’ lunga di quelle che hanno interessato moltissime testate nazionali: parallelamente alla sua chiusura con accordo tra le parti,  e’ prima partito il piano d’investimenti poi l’uscita dei pensionabili, quindi l’ampliamento del ricorso a collaboratori ed informatori, circa 130, tra sedi estere tra cui spicca Mosca (!) nazionali e sedi regionali, nonche’ la ridefinizione dell’organizzazione del lavoro.

Le ‘new entry’ hanno di fatto preso il posto – per mansioni e competenze – dei redattori ordinari e graduati: i primi in giro a far servizi, i secondi incollati al computer a trasmettere articoli, comunicati, mail. Una ‘marchionnizzazione’ del lavoro, si dovrebbe dire. Ma per la verita’ la ‘stretta’ era gia’ iniziata tra il 1999 e il 2000, gli anni del lento declino della brillante agenzia di stampa fondata da Enrico Mattei. Una crisi cui non si e’ mai posto un argine e che anzi si e’ andata via via acuendo e intensificando tra il 2003 e il 2005, fino al ricorso – nel 2009 – alla 416, ovviamente dopo anni di bilancio in rosso.

Chi ne ha fatto le spese e’ per tutti chiaro: poligrafici e giornalisti, perche’ a contare e’ solo il ‘loro’ costo del lavoro e non, ad esempio, quello di dirigenti dai compiti piu’ vari e quasi sempre di passaggio.  Ed e’ quel che sta accadendo in vista della scadenza (maggio 2011) del secondo mandato dell’ad Paolo Scaroni: un riposizionamento di cariche tra chi va e chi viene. In questo ‘tourbillon’ di dirigenti con la valigia in mano, di redattori gia’ fuori e di altri in uscita,  la preoccupazione principale e’ ridefinire in tempi brevi l’organigramma della redazione:  e se nell’accordo sulla 416 si sancisce a fine percorso della 416 un direttore ed un vice-direttore, si provvede subito alla nomina di un secondo vice-direttore, di un capo redattore centrale e a spostamenti interni tra settori che non riconoscono competenze acquisite.
E cio’ dopo aver elargito altre nomine di capo-servizio.  Insomma, ci si chiede, ma ‘la crisi’ e’ reale? La risposta non e’ difficile vista la cascata di investimenti e di nomine: restano due ultimi quesiti. La Fnsi non ha nulla da dire, da eccepire rispetto ad un comportamento aziendale quanto meno contraddittorio e poco attento per non dire disinvolto sul rispetto delle norme contrattuali?  Infine il Ministro del Tesoro, l’ineccepibile Giulio Tremonti : non ha alcunche’ da osservare come ‘azionista’ di maggioranza dell’Eni e intransigente ‘poliziotto’ della spesa pubblica?

 

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