2014, ANNUS HORRIBILIS INPGI. BILANCIO NEGATIVO, NON SI FERMA L’EMORRAGIA DI POSTI. CAMBIARE SUBITO

di Carlo Chianura

Sta per concludersi un annus horribilis per l’Inpgi. Saremo chiamati tra qualche giorno a votare in Consiglio di amministrazione il bilancio 2014 e le notizie che presto raggiungeranno i giornalisti italiani sono pessime.
E’ un vero bollettino di guerra, quello che ci attende. Abbiamo perso posti di lavoro al ritmo di 100 al mese. L’incremento degli ammortizzatori sociali (contratti di solidarietà e cassa integrazione in testa) è a due cifre percentuali, tutto in capo all’Inpgi. L’aliquota dell’1 per cento a carico degli editori che abbiamo anticipato di qualche mese non avrà praticamente ricadute positive, a causa dell’aumento esponenziale dei pensionamenti. Il rapporto tra entrate contributive e uscite pensionistiche è ormai esploso. E’ l’effetto finale della crisi della editoria e soprattutto delle politiche suicide adottate dalle parti sociali in questi cinque anni almeno.
Sia chiaro: l’Inpgi (come per altri versi la Casagit) è la vittima della situazione, non certo il colpevole. Se in questi anni l’istituto non fosse stato amministrato bene, se gli investimenti finanziari e immobiliari non avessero prodotto i risultati positivi che sono stati raccolti in questi anni, se il bilancio non potesse registrare la plusvalenza che verrà dalla creazione del Fondo immobiliare 100% Inpgi, oggi staremmo recitando un de profundis. E nessuno in buona fede o con un minimo di conoscenza delle cose dovrebbe meravigliarsene.
Ma è chiaro che, così come stanno andando le cose, il sistema non sta in piedi. Dovremo prendere decisioni difficili e coraggiose, sperando che nel frattempo il sistema si riprenda.
Colpisce, ma non sorprende, che le possibili linee d’azione che vanno emergendo altro non sono che le riflessioni da noi portate avanti negli ultimi anni, accolte talora con fastidio, talvolta con ostilità, spesso minimizzando.
Improvvisamente siamo tutti d’accordo su una serie di punti. Questi.
1) La legge 416, così com’è, non va più bene. Troppo pochi 58 anni di età e 18 anni di contributi per andare in prepensionamento, con ciò perdendo contributi pesanti, e tenuto conto dell’allungamento della vita media. L’ideale sarebbe 62 anni e 25 di contributi, ma ne possiamo parlare. Va cambiata una legge, insomma.
2) Di ammortizzatori sociali l’Inpgi potrebbe perire. Non possono più essere la panacea di tutti i mali. Le aziende ne hanno abusato in questi anni, diciamolo. E gli ammortizzatori li paghiamo noi giornalisti, ricordiamolo, non lo Stato. Essere una cassa autonoma ha vantaggi e oneri, e tra questi ultimi ci sono gli ammortizzatori. Ma non possiamo certo più delegare agli ispettori del lavoro la verifica che, ad esempio, chi è in solidarietà non lavori come e più di prima. La corretta applicazione deve essere verificata dall’ispettorato dell’Inpgi. E vanno contrastati tutti gli abusi, anche la concessione degli ammortizzatori senza requisiti.
3) Quest’ultima considerazione chiama in causa la concessione della cassa integrazione, anche legata ai prepensionamenti. Lo sappiamo tutti: ci sono stati clamorosi abusi di stati di crisi in questi anni. Secondo me ce ne sono ancora. Come è possibile dare uno stato di crisi in presenza di bilanci in attivo? Allora vanno cambiate le regole, vanno aboliti i privilegi di considerare in crisi un’azienda per generici indicatori prospettici a sei mesi, o per il solo calo delle vendite e della pubblicità. La regola dovrebbe essere una, semplice: la puntuale, oggettiva, sapiente analisi dei bilanci, allo scopo di trovare gli elementi oggettivi che giustifichino la concessione di uno stato di crisi.
4) Una legge dello Stato vieta da un paio di mesi l’utilizzo come collaboratori dei pensionati o meglio dei futuri prepensionati. Non saremo tra coloro che chiedono di fare tabula rasa di queste esperienze, anche se è giusto considerare quanti giovani o ex giovani ambiscono giustamente a sostituirli. Noi diciamo che chi è pensionato e lavora non come semplice collaboratore esterno debba essere considerato un lavoratore subordinato. Ci vuole una misura legislativa che introduca un sistema di presunzioni che consenta all’Inpgi di agire d’ufficio in questi casi. Il problema è che a sostenere questa richiesta dovrebbero essere soprattutto le parti sociali.
Noi crediamo che sia urgente intervenire con misure autonome di autotutela. Quello che posso assicurare è che per quanto ci riguarda le misure saranno ispirate all’equità, alla solidarietà e anche alla lotta contro ogni tipo di abuso parassitario per difendere quella che è la vera ricchezza della nostra categoria: il welfare.

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