FNSI, BILANCIO IN ROSSO E FUGA DAL SINDACATO. MA I VERTICI FANNO FINTA DI NIENTE

di Cinzia Romano *

La notizia in fondo. E’ uno degli infortuni che capitano a volte ai giornalisti. Ed è l’impressione che ho avuto ieri al Consiglio Nazionale della FNSI, quando, dopo una giornata di discussioni sindacali e votazione per leggere un nuovo membro di giunta si è arrivati a discutere, alla fine (verso le 17) del Bilancio consuntivo della FNSI per il 2011. Dopo anni di profondo rosso da paura, ripianato discutibilmente con il fondo di solidarietà per disoccupati, stavolta un rosso di 41.830,03 euro a cui la FNSI pensa di riuscire a far fronte in altro modo.

Rosso dovuto in gran parte al vistoso calo degli iscritti, tipico dell’anno dopo il congresso, la spiegazione data dal gruppo dirigente Fnsi. Spiegazione che ricorda tanto i riti congressuali da Prima Repubblica: tanti iscritti, tanti delegati, tanto peso nelle votazioni.

Le tabelle del rendiconto economico e degli iscritti sono impietose. Per la prima volta nella storia del sindacato le quote federali (cioè il sostegno degli iscritti) sono di gran lunga inferiori ai soldi che la FNSI riceve dagli organismi di categoria (INPGI, CASAGIT e Fondo complementare a vario titolo: o per servizi e convenzioni varie più la quota contributo contrattuale prevista dal contratto nazionale di lavoro giornalistico). Quote per 1 milione 413.834 euro a fronte di entrate da INPGI, CASAGIT, Fondo Complementare etc per 1 milione 627.774.

Ora, i contributi saranno anche leciti, ma un sindacato dovrebbe tenersi in piedi grazie ai propri iscritti più che agli enti di categoria che ricevono contributi da tutti, anche da coloro che per scelta non vogliono iscriversi al sindacato. E’ invece l’esatto contrario.

Impietosa la tabella sul calo degli iscritti: 2048 in meno. I professionali sono 16.029 (all’incirca come nel 2005), i collaboratori 6.674 (impossibile trovare il raffronto perché le tabelle si fermano al 2002 quando erano 7.994).

Chi è fuggito dal sindacato? Il dato è chiarissimo: in massa i giornalisti senza contratto di lavoro (-96,4%) sia professionali (-92%) che collaboratori. Lieve flessione anche tra chi ha un contratto, compensata solo in parte con l’aumento dei pensionati (per gli stati di crisi e i prepensionamenti a go-go).

Insomma, chi è precario, chi è co.co.co., a partita Iva o altre fantasiose forme di precariato o sfruttamento vario inventato da editori e aziende, proprio non crede che il sindacato possa rappresentarlo. Forse varrebbe la pena discuterne un pochino o no?

Nel dibattito mattutino ho ascoltato molti interventi, chi si lanciava in analisi sulle politiche del governo, chi del ministro del Lavoro, chi sulla paralisi del Parlamento e la crisi dei partiti, chi sugli scenari odierni e futuri della professione. Tutto interessante certo, ma tanto troppo silenzio sulla fuga dal sindacato e sui riflessi sui suoi conti.

In mattinata anche l’annuncio che il vice segretario vicario Giovanni Rossi, collega in pensione da molto tempo, era stato nominato presidente della Commissione per il lavoro autonomo (che oggi si occupa ahimé soprattutto di precariato e di sfruttamento selvaggio). Così, nel mio intervento sul tema bilancio (state leggendo un sunto di quel che ho detto) ho precisato che, nulla da dire sulla persona di Giovanni Rossi, la scelta di continuare ad affidare la commissione lavoro autonomo a colleghi con contratto o pensionati, come è accaduto sin dalla sua tormentata nascita, è una follia. Sono convinta che sarebbe giusto consentire a chi esercita la libera professioni organizzarsi con un organismo di base come avviene per i pensionati e i giornalisti della Rai.

Ma addirittura mostrare così poco rispetto per i colleghi e le colleghe che di questa commissione fanno parte, capaci secondo me di esprimere e scegliere un presidente, è davvero troppo. Il presidente non deve essere per forza un membro di giunta (viste altre commissioni presenti e passate). Peraltro di quella commissione fanno parte anche due colleghe di giunta, e la scelta dell’ennesimo presidente pensionato è miopie e paternalistica.

Sicuramente è una delle spiegazione della diffidenza e sfiducia dei free lance, giovani o non, verso il sindacato. Certo non la sola. Ma la FNSI vorrà e saprà discutere della sua crisi? A giudicare dal dibattito di ieri,  no.

* Consigliere nazionale FNSI, esponente di Puntoeacapo

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