PUNTOEACAPO, UN’ASSOCIAZIONE E UNO STATUTO PER DIFENDERE E TUTELARE I DIRITTI DEI GIORNALISTI

di Carlo Chianura

Portavoce di Puntoeacapo

Il giornalismo vive una crisi di rappresentanza, di identità, di partecipazione. Una crisi senza precedenti. Ma cambiare si può ancora.

In questi mesi l’esecutivo di Puntoeacapo si è interrogato su che cosa concretamente voglia dire rilancio. Nel frattempo noi e tutti coloro che sono presenti negli enti e nelle istituzioni hanno continuato a lavorare su grandi e piccoli temi della professione.
La nostra comunicazione ha poi fatto registrare un salto di qualità che ci rende unici nel panorama giornalistico.
Basta tutto questo? A nostro avviso non basta. In questi mesi abbiamo sperimentato il fallimento delle politiche sindacali della Fnsi, sintetizzato dalla sentenza del Tar contro l’accordo sul lavoro autonomo. Sentenza ottenuta grazie all’intuizione e all’iniziativa di Enzo Iacopino, che noi tutti abbiamo sostenuto.

La domanda è: veniamo da lontano, siamo un gruppo spontaneo che si è coagulato in enti e istituzioni, che ha scelto di denunciare il fallimento del sindacato unico uscendone: bene, ma dove vogliamo andare?
La risposta che l’esecutivo si è data e che è stata messa dialetticamente a confronto con il consiglio consultivo è che non ci basta più essere un club di persone di buona volontà che si accontenta di essere minoranza ovunque e che testimonia tutt’al più sdegnate prese di posizione.
Ci sono spazi enormi se li vogliamo vedere per conquistare la fiducia dei giornalisti italiani, e non solo romani, con un progetto politico che veda al primo posto la tutela della professione per la difesa e la promozione dei diritti economici, sociali, professionali, sindacali e culturali dei giornalisti.

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Per tentare di realizzare questo obiettivo abbiamo individuato due strade, che ora sottoponiamo alla comune valutazione in questa assemblea costitutiva.
La prima è quella di darsi regole democratiche e trasparenti, trasformando il nostro spontaneismo in una libera associazione che si doti di uno statuto (lo trovate sotto la testata di Puntoecapo). Regole democratiche in cui è chiaro chi si assume responsabilità, come perseguire il ricambio, come sviluppare non solo il dibattito ma anche l’attività. La seconda strada, che discende dalla prima, è quella di avviare un esperimento di tutela concreta della professione, attraverso alcuni servizi da organizzare e ai quali abbiamo lavorato in questi mesi.
Possiamo e dobbiamo sperimentare una iniziativa inedita, che non è quella di fare un altro sindacato, ma che ci metta o ci rimetta in contatto con le redazioni, con i pensionati, con i freelance, con i precari, con i disoccupati.

Credo che intanto dobbiamo provare a costringere la Fnsi a diventare diversa da come oramai è, e  – lavorando da fuori (visto che abbiamo riscontrato l’impossibilità di farlo da dentro) – provare a farla ridivenire un luogo in cui operare per la promozione dei diritti economici, sociali, professionali, sindacali e culturali dei giornalisti, tornando solo in quel caso a sederci (noi, o ancora meglio chi ci succederà) al tavolo delle trattative. E per questo abbiamo pensato alla creazione di un’associazione che la sfidi sulla capacità di dare risposte, la denudi nelle sue pratiche più oscene, la incalzi con soluzioni possibili  di avanzamento.

Io credo che la ragione fondativa di questo nostro tentativo di creare una Puntoeacapo 2.0 sia proprio l’aver preso atto che nulla di buono possiamo combinare continuando a fare le anime belle (e sostanzialmente ininfluenti) che assistono al progressivo disfarsi di ogni reale e autonoma capacità negoziale del sindacato limitandoci a sdegnati comunicati di protesta.

Può però essere questo un tentativo permanente a prescindere dai risultati che otterrà? Di certo no. Se rileveremo in un futuro ragionevolmente a medio termine che tale obiettivo è impossibile avremo di fronte due strade: o farci noi sindacato introducendo così per la prima volta anche nel settore giornalistico quel pluralismo sindacale che dopo la caduta del fascismo connota tutti i settori di lavoro, o ci arrenderemo sapendo almeno che ci avremo provato e che avremo regalato il nostro tempo e il nostro lavoro per stare vicino ai colleghi offrendo servizi e tutela (e non è pochissimo).

Insomma oggi di chiaro c’è solo l’urgenza di intraprendere un cammino e la direzione di massima in cui orientarlo. Quello che posso dirvi è che la strada che abbiamo innanzi è molto difficile e – se mai inizierà a funzionare – troverà un batteria di fuoco di contraerea potentissima. Insomma stiamo provando a entrare in un campo di battaglia e non ho problemi di certo a ragionare su modelli diversi dalla “falange macedone” purché l’assetto che ci daremo sia idoneo a reggere l’asprezza dello scontro che ci attende.

Ma ovviamente il confronto che dobbiamo avere adesso serve anche a chiarire chi tra noi ha la voglia di accettare questo ingaggio con l’assoluta consapevolezza da parte mia della totale legittimità della posizione di quanti decideranno di non proseguire su questa strada, a cui comunque tutti gli altri (e me per primo) rimarranno legati da una comunità di colleganza, stima e affetto.

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La novità di oggi, che vorrei si affermasse con il consenso di tutti, è che l’autobus o il taxi da cui si saliva o si scendeva a seconda delle convenienze viene mandato allo sfasciacarrozze.
Oggi avviamo il progetto di cui con tanti di voi abbiamo parlato in questi mesi: welfare e istituzioni al primo posto, tentativo di parlare con i giornalisti non solo di Roma ma di tutta Italia stringendo alleanze con le persone di buona volontà e che la pensano come noi. Sono tanti.
Stop soprattutto all’ambiguità di una appartenenza-non appartenenza. Siamo di parte e i successi che abbiamo raccolto negli anni li abbiamo colti soprattutto quando ci siamo differenziati, non quando abbiamo cercato il consenso di tutti, magari anche solo per fatto caratteriale e non politico.
Vorrei che per tutti Puntoeacapo fosse sinonimo di orgoglio di appartenenza. Non credo di illudermi del tutto.
Propongo un percorso che vada avanti per errori e tentativi, come dicono quelli che lavorano nel delicato mondo della riabilitazione.
Veniamo da lontano, dunque, e partiamo, possiamo partire, da una presa d’atto collettiva del fatto che evidentemente non riusciamo ad accettare lo stato di cose presenti senza fare nulla.
Per me questo è un segnale di speranza che questo stato di cose possa ancora cambiare in meglio.
 
Questo articolo è la sintesi dell’intervento pronunciato dal portavoce di Puntoeacapo Carlo Chianura all’assemblea costitutiva che ha approvato lo statuto della nuova associazione Puntoeacapo.

 

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