Un comitato di persone di buona volontà per sensibilizzare l’opinione pubblica, le istituzioni e la politica sulla importanza di tutelare la previdenza dei giornalisti.
Nasce con questo intento il comitato “Salviamo la previdenza dei giornalisti”, sull’onda delle ultime gravi notizie che giungono dal governo e che confermano la assoluta inadeguatezza di misure che, lungi dal tutelare la sopravvivenza dell’Inpgi, comporterebbero provvedimenti gravemente punitivi nei confronti dei giornalisti.
Il primo atto del comitato è una lettera aperta indirizzata al presidente della Repubblica che registra tra le prime adesioni firme prestigiose del giornalismo italiano, da Lucia Annunziata a Ferruccio de Bortoli a Marco Travaglio, da Clemente Mimun a Massimo Martinelli a Vittorio Emiliani.
Questa prima iniziativa si propone due obiettivi. Il primo è chiedere la conferma della garanzia pubblica del pagamento delle pensioni attuali e future da parte dello Stato, come concesso in passato ad altri enti previdenziali in difficoltà. Il secondo è, in generale, la tutela delle prestazioni previdenziali contro ogni ipotesi punitiva che sembra manifestarsi, tanto da prefigurare misure anche peggiorative della legge Fornero.
Come possono definirsi altrimenti se non punitive le ipotesi avanzate dal sottosegretario alla Presidenza con delega all’editoria Andrea Martella? Vediamole. La retrodatazione al 2007 del sistema contributivo per i giornalisti dipendenti in attività; la revisione delle pensioni di anzianità; un nuovo contributo di solidarietà per le pensioni in essere; la riduzione dei costi di struttura Inpgi (opportuna); la unificazione della fallimentare gestione di Inpgi 1 a quella florida di Inpgi 2, il cui patrimonio verrebbe così intaccato per far fronte al grave squilibrio della gestione principale.
L’istituto di previdenza dei giornalisti italiani avrebbe dal governo e dal Parlamento altri sei mesi per sfuggire al commissariamento: sei mesi che, nelle condizioni date, potrebbero solo aggravare la situazione patrimoniale dell’istituto.
I firmatari si appellano ora al capo dello Stato in quanto garante della Costituzione e ricordano come “l’attuale situazione rischia di ripercuotersi sul livello e sulla qualità della democrazia del nostro Paese: avere giornalisti che non si vedono garantite le prestazioni previdenziali di oggi e di domani equivale ad avere giornalisti meno indipendenti e in generale una informazione meno libera, contraddicendo nei fatti l’articolo 21 della Costituzione”.
Affidiamo questo appello alla sensibilità di tutti i colleghi e la apriamo alle firme di quanti vorranno sostenere questa iniziativa. Le adesioni potranno essere indirizzate alla mail salviamoprevidenzagiornalisti@gmail.com.
La lettera aperta è un seme che i promotori del comitato vogliono lanciare, cercando di sottrarsi alle polemiche di parte sulla sopravvivenza del “contenitore”, vale a dire dell’Inpgi nella sua attuale forma. I giornalisti italiani devono in questa fase fare di tutto per salvare le prestazioni, chiunque le eroghi. Se il soggetto erogatore può continuare a essere l’Inpgi, sarà un bene. In caso contrario, in caso di non auspicabile e non auspicato default dell’istituto, sarà fondamentale chiedere allo Stato la garanzia delle prestazioni.
Non solo intervenire, ma intervenire subito. È in gioco il futuro, ahimé molto molto prossimo dell’informazione. Non cancelliamo i giornali