GIORNALISTI, MAZZATA SU ATTIVI E PENSIONATI: APPLICATA RETROATTIVAMENTE LA DELIBERA “SALVA INPGI”

di Gianni Dragoni

E’ in arrivo una mazzata per i giornalisti, pensionati e attivi con contratto di lavoro dipendente. Entra in vigore dal primo luglio la delibera che dispone il taglio quinquennale dell’uno per cento su stipendi e pensioni. L’applicazione di questo prelievo straordinario, di fatto un’autentica tassa, sarà retroattivo a partire dal primo gennaio di quest’anno e – salvo come vedremo sorprese – sarà applicato alle buste paga e ai cedolini di agosto.

La stangata, di cui i vertici dell’Inpgi sono al corrente ma sulla quale non hanno diffuso alcuna informazione, è il risultato di una serie di azioni combinate di cui sono protagonisti il vertice dell’Inpgi presieduto da Marina Macelloni insieme alla direttrice generale Mimma Iorio, la Fnsi del segretario Raffaele Lorusso che esprime la maggioranza dei giornalisti che comanda in tutti gli enti di categoria (dall’Inpgi al Fondo pensioni complementare, passando per la Casagit), il ministero del Lavoro guidato da Andrea Orlando.

Dal primo luglio l’Inpgi 1, ossia la gestione principale della previdenza sostitutiva dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori, passa all’Inps, l’istituto statale, come previsto dalla legge di Bilancio di quest’anno, con la quale il governo Draghi e il Parlamento hanno di fatto salvato dal dissesto finanziario l’Inpgi 1, che rischiava di non riuscire a pagare le pensioni già entro la fine di quest’anno.

La mazzata in arrivo sulle buste paga coincide con questa “transizione”, temuta da molti come un salto nel buio, ma non è dovuta all’Inps, bensì a una decisione disperata presa l’anno scorso dall’attuale cda Inpgi, che aveva l’acqua alla gola. Decisione che era rimasta congelata, che però adesso dispiega i suoi effetti.

I pannicelli caldi della maggioranza. Ecco i fatti. Il 23 giugno 2021 l’istituto approvò una delibera, detta “salva Inpgi”, che prevedeva i classici pannicelli caldi per curare una broncopolmonite. Si mettevano le mani in tasca a pensionati e attivi con l’intento di rastrellare forse 15-20 milioni di euro all’anno (stime dell’istituto) per curare una crisi segnata da un deficit annuo di bilancio superiore a 200 milioni. Ricordiamocelo: tutto parte da questa delibera della maggioranza del Cda Inpgi, su cui votarono contro i tre membri della opposizione. Si voleva dimostrare ai ministeri di non essere rimasti inerti sulla situzione di pre-default dell’istituto, pazienza se ciò avveniva com misure ingiuste e inefficaci.

La misura più rilevante di quella delibera era l’istituzione di un contributo straordinario per cinque anni, pari all’1 per cento del reddito, a carico dei pensionati e dei giornalisti attivi.

I pensionati avevano già subito l’odioso prelievo per tre anni, da marzo 2017 a febbraio 2020. Il Consiglio di Stato aveva rigettato i ricorsi presentati, ma aveva anche stabilito che quella misura non si sarebbe potuta reiterare.

Eppure l’Inpgi nel 2021 l’ha ripresentata, in altra forma, estendendola ai giornalisti in servizio. Come tutte le delibere dell’istituto, anche questa doveva essere approvata dal ministero del Lavoro, che “vigila” sull’Inpgi (con i risultati che abbiamo visto) insieme al Mef. Il ministero l’ha approvata, nonostante nel frattempo il governo avesse inserito nella legge di bilancio la norma sul passaggio della funzione previdenziale dell’Inpgi 1 all’Inps. La delibera, che peraltro non risulta abbia ricevuto il placet del ministero dell’Economia, era stata sospesa nella sua applicazione. Nel frattempo il ministero ha chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato. E qui si arriva all’oggi.

Il parere dell’Avvocatura legale non è ancora stato reso. Ciò nonostante, con una decisione paradossale, il ministero del Lavoro ha comunicato che bisogna andare avanti e rendere operativa la controversa delibera.

Il rischio di una pioggia di ricorsi. Da quanto è trapelato, si applicherà con tanto di arretrati da gennaio il prelievo aggiuntivo dell’1 per cento sulle pensioni e sugli stipendi dei giornalisti dipendenti, una mazzata che colpisce indistintamente gli uni e gli altri. Ai dipendenti il contributo si applicherà come un maggiore contributo previdenziale, che salirà così al 10,19 per cento. Pertanto i giornalisti attivi sarebbero, a meno di ripensamenti, gli unici lavoratori dipendenti in Italia a dover versare un contributo previdenziale superiore a quello che grava sui lavoratori assicurati presso l’Inps: il 10,19 per cento anziché il 9,19. L’Inpgi aveva stimato maggiori entrate di 10 milioni di euro annui dagli attivi e 5,5 milioni dai pensionati.

Il paradosso è che nel regime Inps non esiste nessuna forma generalizzata di prelievo sia sui pensionati, sia sugli attivi. E come vedremo più avanti ci sono disparità che potrebbero provocare una pioggia di ricorsi alla magistratura.

In una nota l’Associazione Stampa Romana ha dato l’allarme su questa sgradita sorpresa. “Il ministero del Lavoro – dice l’Asr – offre il via libera alla delibera “salva Inpgi” e, tra le altre misure, autorizza il taglio dell’1 per cento su stipendi e pensioni per cinque anni a partire dallo scorso primo gennaio. La vicenda è kafkiana ma i danni sono reali. La delibera salva Inpgi dello scorso anno non ha salvato un istituto che dal primo luglio nella sua gestione principale confluirà nell’Inps, in applicazione del principio costituzionale della garanzia pubblica. Ma quella misura era stata approvata dal Ministero del Lavoro che l’aveva sospesa, vista la fine di Inpgi 1, in attesa di un pronunciamento dell’Avvocatura dello Stato. Oggi si procede senza che l’Avvocatura si sia ancora pronunciata. Questo accade a qualche giorno della fine di Inpgi 1 con lo statuto della nuova Inpgi bocciato e con l’Inps che si dovrà far carico anche dell’applicazione di questa delibera”.

“Stampa Romana – prosegue la nota della segreteria – ha contestato duramente quella delibera che riteneva assurda e illegittima proprio in questo passaggio con violazione degli articoli 38 e 23 della Costituzione. (…) Ma ora ad Inpgi semichiuso si assiste ad una beffa incredibile ed assurda. Colpisce colleghi incolpevoli già provati da una lunga crisi economica e con stipendi erosi dall’inflazione. Chiediamo che la Fnsi, che aveva avallato questa misura, intervenga immediatamente a tutela dei colleghi pensionati e dei giornalisti attivi e in servizio e che chieda al Ministero la revoca della procedura. Pronti a tutelare da parte nostra tutti i diritti in questione, invitiamo alla mobilitazione dentro e fuori le redazioni, inclusa la proclamazione di uno sciopero generale”.

Misure che penalizzano i giornalisti. La delibera che ora, per volontà del ministero, riprende vigore, prevede altre misure che penalizzano i giornalisti. Come quella che riduce il reddito cumulabile. Finora le pensioni di anzianità (quelle pagate a chi si ritira prima della pensione di vecchiaia, che è a 67 anni) erano cumulabili con i redditi da lavoro dipendente e autonomo fino al limite di 22.524 euro lordi l’anno. La delibera “salva Inpgi” ha stabilito la riduzione di questa franchigia a 5.000 euro lordi annui, finora rimasta congelata perché la delibera era sospesa. Ma adesso si applicherà il tetto dei 5.000 euro annui. Pertanto per gli importi superiori a 5.000 euro annui scatterebbe una trattenuta, una riduzione della pensione, fino a raggiungere metà dell’assegno pensionistico, al netto della quota cumulabile.

Qui si crea una disparità di trattamento, perché per le pensioni pagate dall’Inps non c’è un divieto di cumulo con altri redditi. Per i giornalisti, al contrario, ci sarà un divieto di cumulo oltre i 5.000 euro annui. Questo tetto non si applicherà alle pensioni di vecchiaia già in essere, né per chi abbia superato l’età della pensione di vecchiaia. Negli ultimi anni, secondo l’Inpgi, gli importi trattenuti si sono attestati a circa un milione l’anno. Secondo alcune stime ci potrebbe essere un beneficio di circa 1-1,5 milioni annui. Ma potrebbe anche accadere che ci sia una riduzione dei redditi da lavoro dei pensionati, in tal caso senza maggiori entrate per l’ente previdenziale. Il tetto attuale rimarrà solo per chi ha una pensione non superiore alla retribuzione minima del redattore ordinario del contratto Fieg-Fnsi (circa 38mila euro lordi annui).

La delibera ha previsto anche la sospensione delle nuove prestazioni facoltative: assegno di superinvalidità per le nuove domande (tagli di circa un milione l’anno “a regime”); ricovero in case di riposo (circa 174mila euro); sussidi (28mila euro erogati nel 2019). Parliamo di tagli odiosi per risparmi irrisori. Come già sottolineato un anno fa da Puntoeacapo, si otterrebbero somme più significative tagliando in misura sostanziale i compensi dei vertici e del cda, ben più del 10 per cento sbandierato, andando a incidere anche sull’alta dirigenza.

Taglio alle pensioni di anzianità. Per le future pensioni di anzianità la delibera ha introdotto l’abbattimento dell’importo per chi ha requisiti inferiori a quelli stabiliti dalla legge Fornero, la decurtazione è dello 0,25 per cento al mese, moltiplicato per i mesi mancanti alla parificazione con il requisito Inps. Si tratta di un sostanziale allineamento al sistema generale Inps: si riduce l’assegno a chi va in pensione di anzianità con gli attuali requisiti Inpgi.

Ad esempio, se si va in pensione anticipata a 62 anni e 5 mesi, dopo 40 anni e 5 mesi di contributi, requisito attuale Inpgi, invece che dopo 42 anni e 10 mesi per gli uomini oppure 41 anni e 10 mesi per le donne, come prevede la legge Fornero, si subirà una riduzione dell’assegno che per un uomo sarà del 7,25 per cento (29 mesi x 0,25) e per una donna del 4,25 per cento (17 mesi x 0,25). Il risparmio previsto sarebbe di 225.000 euro all’anno.

8 Commenti "GIORNALISTI, MAZZATA SU ATTIVI E PENSIONATI: APPLICATA RETROATTIVAMENTE LA DELIBERA “SALVA INPGI”"

  1. Inondiamoli di ricorsi, basta con questa gestione fallimentare sotto mille punti di vista. Noi giornalisti della Pa già abbiamo perso il 60% delle entrate perdendo il CNOG, mentre la nuova contrattazione Aran FNSI ha escluso CHI AVEVA CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO dall’assegno ad personam per assorbire la perdita contrattuale. Un altro fallimento!!!!

  2. Citiamo in giudizio con una class action tutti i vertici giornalistici coinvolti, anche perchè tra non molto scoppierà il bubbone Casagit. Forza e coraggio.

  3. Sono disgustato da chi ha ridotto l’Inpgi in queste condizioni continuando a incassare prebende e gettoni. Alla faccia di tutta la categoria.

  4. La cosa assurda è che questi personaggi non molleranno la presa e continueranno a gestire Inpgi2.

  5. Riccardo Febbi | 1 Luglio 2022 ore 22:14 | Rispondi

    SONO D’ACCORDO AD UNA CLAS ACTION COLLETTIVA PER IL PRELIEVO E PROPORREI DI QUANTIFICARE GLI INTERESSI MATURATI CON L’EX FISSA
    E PER VIE LEGALI INIZIARE A PROPORRE LADDOVE È POSSIBILE SEQUESTRI CAUTELATIVI AD PERSONAM

  6. Riccardo Celi | 2 Luglio 2022 ore 14:37 | Rispondi

    E intanto, nulla si sa riguardo al destino del beneficio derivante dal fondo di perequazione erogato di solito a dicembre per le pensioni e tri i 35mila euro annui. Ho ricevuto 940 euro con la pensione di giugno relativi al primo semestre 2022, ma che cosa succederà in futuro ora che l’Inpgi1 è confluita nell’Inps? Ho interpellato l’Istituto via e-mail. Risultato: nessuna risposta.

    • Da quanto sappiamo, Fnsi e Fieg hanno costituito un fondo in cui dovrebbero confluire le risorse rivenienti dal contributo di solidarietà stabilito dal contratto del 2009 e che finora ha alimentato il fondo di perequazione delle pensioni più basse. La relativa delibera è all’attenzione dei ministeri vigilanti.

  7. Paolo Chiarelli | 6 Luglio 2022 ore 21:20 | Rispondi

    Tutti assieme hanno nominato un coordinatore degli Enti di categoria. Risultato: l’Inpgi ha chiuso, la Casagit è in agonia, la Fnsi non fa un contratto da 10 anni. Vergogna!!!

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