Il mondo del giornalismo è sempre più spesso terreno di incontro, e a volte scontro, con la pubblicità. L’ultimo esempio lampante è la partecipazione del giornalista sportivo Fabrizio Romano, esperto di calciomercato, 38 milioni di follower sul solo Instagram, agli spot pubblicitari di TIM al fianco di Carlo Conti. Questa commistione solleva interrogativi importanti sui confini tra informazione e promozione commerciale, e ci spinge a riflettere sugli obblighi etici che ogni giornalista dovrebbe rispettare.
I giornalisti, infatti, sono tenuti a principi deontologici ben precisi, sanciti dalla legge e dal Codice di condotta professionale. Tra i più importanti figurano la veridicità dei fatti, l’imparzialità e l’indipendenza da condizionamenti esterni, inclusi quelli economici. E’ dunque fatto divieto esplicito ai giornalisti di fare pubblicità a prodotti o servizi, salvo eccezioni che qui non importano. La loro missione principale è informare i cittadini in modo obiettivo, garantendo il diritto di cronaca e di critica.
Tuttavia, la realtà dei fatti mostra una crescente permeabilità tra i due mondi. Non è raro assistere, durante trasmissioni giornalistiche televisive sportive, a intermezzi dedicati alle quotazioni delle scommesse d’azzardo, presentate talvolta con un linguaggio che ne incentiva la partecipazione piuttosto che limitarsi a una mera informazione.
Allo stesso modo, telegiornali e quotidiani nazionali spesso pubblicano servizi o articoli chiaramente pubblicitari, dedicati ad esempio a cantanti rappresentati dalle major discografiche, mascherandoli da contenuti editoriali. Questo fenomeno, noto come “pubbliredazionale” o “branded content”, rischia di minare la fiducia del pubblico nella neutralità dell’informazione.
Di fronte a queste derive, il ruolo dell’Ordine dei Giornalisti e dei Consigli di disciplina territoriali diventa cruciale. Essi hanno il compito di vigilare sul rispetto delle norme deontologiche, intervenendo con sanzioni quando si verificano violazioni. È fondamentale che questi organismi esercitino un controllo rigoroso, garantendo che l’indipendenza e la credibilità della professione giornalistica non vengano compromesse da interessi commerciali. La trasparenza è un pilastro: i lettori e gli spettatori devono essere sempre in grado di distinguere chiaramente tra un contenuto informativo e uno pubblicitario. Solo così si potrà preservare l’integrità del giornalismo e il suo valore sociale.

Tutto vero, poi però i CDT magari non sono così ligi alla normativa. Io ho denunciato un collega che è (anche) proprietario di un’agenzia pubblicitaria. Finita che è stato assolto nonostante tutte le prove fornite…