PUNTOEACAPO, UN MANIFESTO PER LE NUOVE FRONTIERE DEL GIORNALISMO ITALIANO

La Federazione nazionale della stampa e la sua classe dirigente portano la drammatica responsabilità dei due ultimi contratti nazionali di lavoro, quello del 2009 e quello del 2014, che hanno consegnato i giornalisti italiani a un autentico “suicidio”, al declino e alla perdita ingiustificata dei diritti normativi ed economici conquistati in lunghi anni di lotte serie e motivate.

I fatti hanno dato purtroppo ragione a chi si oppose fortemente ma inutilmente all’introduzione delle norme, passate per un referendum burla, che hanno aperto la strada alla valanga distruttrice degli stati di crisi, patrocinati e voluti a ogni costo dalla Fnsi e dalla Fieg e presentati allora come una prospettiva priva di qualsiasi rischio per la categoria. Adesso qualcuno dei responsabili aggiunge le beffe al danno suggerendo timidamente che, forse sì, qualcosa nella disciplina degli stati di crisi era sbagliato e andrebbe cambiato. Adelante, ma con giudizio. Tanto, fino al 2019, i soldi pubblici per i prepensionamenti sono già stati impegnati. Nel frattempo sono stati spazzati via gli scatti di anzianità, ultimo strumento di equità e riconoscimento economico paritario contro discriminazioni e favoritismi; ed è stata smantellata la cosiddetta ex fissa, trasformata per alcuni in un ipotetico miraggio e per altri soppressa “tout court”. E’ stato legalizzato lo sfruttamento delle collaborazioni, attraverso l’equo compenso a 250 euro lordi al mese, in violazione della legge 92 del giugno 2012 con conseguente bocciatura da parte del Tar del Lazio. Non lo si chiamerà più compenso “equo” ma, con la benedizione del governo, “minimo” garantito. Il fariseismo delle parole dovrebbe sbiancare l’imbarazzo della sostanza.

LO SCHERZO DELL’INPGI I più anziani ricordano ancora l’Inpgi quando era un istituto sano. Ora paga la pessima scelta di avere appoggiato e sostenuto senza né dubbi né esitazioni, e soprattutto senza la capacità di capire e prevedere che cosa sarebbe accaduto, la normativa sugli stati di crisi. Cinque anni fa dall’Inpgi si sono voluti illudere i giornalisti sul fatto che i prepensionamenti sarebbero stati uno scherzetto e che, nonostante le nuove applicazioni della legge 416, tutto sarebbe andato bene. Nessun pericolo, si rassicurava. Se ne vedono le conseguenze. A causa degli innumerevoli e immotivati stati di crisi il valore delle pensioni erogate supera in un anno di oltre 90 milioni gli introiti derivanti dai contributi correnti. Ogni più scura previsione è stata superata, il bilancio dell’istituto è stato affondato e si salva solo con il “maquillage” delle plusvalenze derivanti dalla gestione degli immobili. In cinque anni lo squilibrio complessivo è stato di 450 milioni di euro. Intanto procede l’inchiesta sullo scandalo Sopaf e si attende di conoscere il destino del presidente dell’Inpgi, in quella sede indagato per truffa. Da qualche parte si comincia a ipotizzare o invocare il commissariamento.

UN INCONTRO FRA DUE PONTI Le effemeridi del calendario hanno le loro stravaganze. Per i buddisti il 28 aprile è il giorno nel quale, da oltre sette secoli, qualsiasi essere umano può chiedere e ottenere l’illuminazione e vivere felice. Se così fosse, sarebbe di ottimo auspicio in vista dell’incontro al quale, proprio per martedì 28 aprile, il governo ha invitato i rappresentanti di editori, giornalisti ed edicolanti. Al centro del confronto, “l’anno zero della riforma” dell’intero sistema editoriale italiano: giornali, televisione e altri media. Un tavolo incastrato, magari non casualmente, fra il ponte festivo della Liberazione e quello del Primo Maggio. “Credo che ne vedremo delle belle”, ha dichiarato il sottosegretario Luca Lotti. L’annuncio non si riferisce però al panorama reale, all’orizzonte delle cose, ma piuttosto all’eventuale “animus pugnandi” dei partecipanti. Autorevolmente sollecitati a suonarsele di santa ragione. In verità è impensabile che, in quelle brevi ore fra un ponte e l’altro, si infrangano le lunghe alleanze e le complicità, gli accordi e le sottomissioni che hanno condotto nel baratro il giornalismo italiano. La Fnsi e la Fieg marciano da anni in modo concorde e ordinato. Il risultato è sotto gli occhi e sulle spalle di tutti: la disoccupazione selvaggia e il precariato abnorme, l’assistenzialismo pubblico e i profitti privati, i prepensionamenti o licenziamenti dei lavoratori e i benefici a tutto campo per gli imprenditori, la compressione degli stipendi e il dilagante ricorso agli ammortizzatori sociali, lo svuotamento degli istituti normativi ed economici a tutela della professione e la loro sostituzione con norme mirate a danno della categoria. Si aggiungono le minacce alle pensioni, presenti e future, e gli attacchi al welfare.  

LA SCELTA DI PUNTOEACAPO Il gruppo di Puntoeacapo non mancherà di seguire l’evoluzione dei fatti e di fornire un’adeguata informazione ai colleghi. Purtroppo, com’era prevedibile, i giornalisti appaiono sempre più come ostaggi rassegnati dentro la logica di potere e di controllo con la quale il sindacato assicura la sua sopravvivenza nei termini attuali. La stragrande maggioranza dei giornalisti italiani non sono iscritti alla Fnsi, molti continuano ad andarsene, le astensioni nelle consultazioni elettorali crescono in modo esponenziale, la partecipazione al confronto attivo sui temi più importanti è pressoché inesistente. In molte redazioni, grandi o piccole, parlare di sindacato equivale a una provocazione.    

In questo quadro catastrofico, dopo la firma da parte di Fnsi e Fieg del nuovo contratto nazionale di lavoro, Puntoeacapo ha maturato nel luglio 2014 la decisione di uscire dalla Federazione della stampa, nella quale ha lavorato per quasi quindici anni e si è battuta criticamente come componente di minoranza. Fino dal primo momento, dopo quella dolorosa decisione, Puntoeacapo si è impegnata per continuare a rappresentare un punto di riferimento per la categoria. Tuttavia è certamente escluso che il nostro gruppo possa lasciarsi ridurre per comodità altrui nello spazio di una riserva o di un recinto da semplici portatori di opinioni, da presunti intellettuali élitari o “mosche cocchiere” o tantomeno da strateghi senza truppe, che analizzano e commentano i fatti senza sporcarsi le mani e lasciando ad altri il compito dell’azione.  

Puntoeacapo è sempre stato e resterà un gruppo sindacale. Continuerà a impegnarsi a tutela della professione e a servizio dei colleghi all’interno degli enti e delle istituzioni che la categoria si è data. A questo scopo, non rinuncerà a partecipare nelle forme opportune a tutti i confronti nei quali è in gioco la verifica del consenso e i colleghi sono chiamati a esprimere le proprie scelte su programmi e persone.

Lavoreremo per rendere possibili e attuare le opportune forme di alleanza e di lavoro comune con quanti, su tutto il territorio nazionale e in sede locale, condividono i lavori e gli obiettivi ai quali il gruppo si ispira.

LA NUOVA ASSOCIAZIONE Per rendere sempre più efficace la propria azione, e confermare la trasparenza che l’ha sempre caratterizzato, Puntoeacapo ha deciso di dare vita a un’associazione che ha uno statuto (dunque regole chiare) e numerose ambizioni. Anzitutto quella di sostenere la libertà di informazione e la professione giornalistica, attraverso la tutela della rappresentanza, della difesa e della promozione dei diritti economici, sociali, professionali, sindacali e culturali dei giornalisti. Poi quella di cercare di mettere in pratica concretamente questo obiettivo con l’aiuto dei compagni di strada che nella società, nell’ambito delle diverse culture e professioni, vorranno contribuire a questo obiettivo. E ancora: l’ambizione di lanciare un ponte verso l’opinione pubblica, grande assente nel dibattito e nelle pratiche della crisi in cui la professione giornalistica si dibatte.

Veniamo da lontano, come dicevamo, e partiamo, possiamo partire, da una presa d’atto collettiva del fatto che evidentemente non riusciamo ad accettare lo stato di cose presenti senza fare nulla. Per noi è un segnale di speranza che questo stato di cose possa ancora cambiare in meglio.

 

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