ORDINE, I GUASTI DEL CORRENTISMO CHE TRADISCONO LA LEZIONE DI MORO E GONELLA

di Giovanni Innamorati

È bene cominciare a discutere su un Consiglio nazionale dei giornalisti non più elettivo ma composto attraverso sorteggio, esattamente come avverrà per il prossimo Csm, come prevede la riforma costituzionale che a fine ottobre sarà approvata definitivamente dal Parlamento. Il correntismo ha attanagliato gli organi di categoria a tal punto da danneggiare la professione e da ridurre il Consiglio in un ufficio di collocamento di colleghi appartenenti a Controcorrente. A confermarlo è stato quanto avvenuto al Consiglio di settembre: un collega indipendente è stato dichiarato decaduto con un falso artifizio giuridico, per fargli subentrare una collega appartenente a Controcorrente, ma priva del primo requisito: quello dei voti. Se dunque il voto della base non conta qualora sia sgradito, tanto vale sancirlo per legge e puntare al sorteggio, assoluto o mitigato.

Quanto avvenuto a settembre è solo l’ultimo tassello di un modus operandi di Controcorrente quando governa gli Enti della professione. E’ ormai abitudine che colleghi candidati alle elezioni per l’Ordine e usciti sconfitti dalle urne siano ripescati nelle Commissioni speciali, nella Commissione Pari Opportunità, nelle commissioni d’esame, nei Consigli di disciplina, ecc. Nella scorsa consiliatura proposi un emendamento che introduceva l’incompatibilità tra candidatura all’Ordine e nomine successive da parte del Consiglio: bocciato senza essere discusso.
Quanto accaduto al Consiglio del 16 settembre è quindi coerente con questa degenerazione, ma la supera quanto a gravità. Ecco i fatti. Un collega professionista, Cosimo Santimone, è stato eletto in Molise al primo turno, avendo cioè superato la soglia del 50% dei voti degli aventi diritto. Il primo requisito, quello dei voti del corpo elettorale, lo aveva; occorreva verificare il secondo requisito, vale a dire una posizione attiva all’Inpgi, requisito previsto dalla legge 69 del 1963 (requisito oggi superato dall’assorbimento in Inps del vecchio Inpgi 1), che serve semplicemente a certificare che il giornalista in questione è effettivamente un professionista attivo.

Gli uffici dell’Ordine hanno quindi chiesto all’attuale Inpgi (l’ex Inpgi 2) l’esistenza di tale posizione attiva; ebbene l’Ente di via Nizza inizialmente ha detto che Santimone non aveva la posizione attiva, salvo successivamente comunicare che essa era attiva sin dal 2 gennaio 2025. L’iniziale risposta dell’Inpgi si spiega col fatto che la testata per cui lavora Santimone da gennaio, non aveva ancora fatto il versamento all’Istituto, effettuato successivamente alla iniziale richiesta dell’Ordine, ma comunque nei termini di legge. Ebbene prima la Commissione ricorsi e poi il Consiglio (a maggioranza, 32 voti su 60) ha sostenuto che la seconda comunicazione dell’Inpgi non era valida. Insomma Santimone ha i due requisiti per sedere al Consiglio nazionale: ha i voti ed è effettivamente un professionista attivo. Gli manca il terzo requisito: non è iscritto a Controcorrente, è indipendente, come chi scrive. Gli subentrerà una collega, sulla cui bravura non metto bocca, ma che non ha il primo dei requisiti: i voti dei colleghi che ti chiedono di rappresentarli in Consiglio.

Per superare questa difficoltà è stata ignorata la giurisprudenza domestica dell’Ordine, ricorrendo in via interpretativa a quella esterna amministrativa su casi del tutto estranei. Un tradimento dell’Ordine in quanto tale: esso fu voluto da Moro e Gonella proprio per garantire una autodichia, disciplinare e giurisdizionale. Il Consiglio a guida Bartoli ha buttato via anche il cardine dell’Ordine. Non a caso alla fine della riunione, viste le numerose proteste Bartoli ha replicato sostenendo che Santimone poteva rivolgersi al Tar o alla Procura, cioè alla giurisdizione esterna. Tanto vale chiudere l’Ordine, e affidare la tenuta di un Albo al sindacato, come molti sostengono. Chi scrive è il consigliere nazionale che ha raccolto il maggior numero di voti in assoluto, 861; ma se il consenso viene gettato nel cestino, che venga il sorteggio.

A rendere più distopico il Consiglio di settembre è stato il fatto che questa discussione (o meglio non discussione, è stato impedito perfino il voto segreto con un artifizio) ha impegnato i presenti mentre fuori, la nostra professione precipita. La guerra a Gaza ha trasformato molti colleghi, sia nelle rispettive testate che sui social, in influencer, in tifosi dimentichi della deontologia, che ci impone non solo di essere fedeli alla “verità sostanziale dei fatti” (anche questo è nella legge 69/1963) ma anche di non trasformarsi in portavoce di questo o quell’interesse costituito. Ebbene questa situazione drammatica neanche è stata affrontata dal Consiglio, tutto preso dal recupero della collega di Controcorrente.

L’occasione per questa proposta ci viene dal ddl di delega al governo con cui si disegnano le orme quadro per gli ordini di una serie di professioni, tra cui quella dei giornalisti. Mi auguro che il legislatore prenda in seria considerazione la deriva correntizia del giornalismo italiano, che è una professione fondamentale per la qualità della nostra democrazia. Si può pensare a un sorteggio assoluto, tra i colleghi che abbiano determinati requisiti indicati dalla legge; e si può anche riflettere su un sorteggio mitigato, vale a dire si selezionano per sorteggio i candidati in numero doppio rispetto a quello dei componenti del Consiglio, lasciando alla base il voto per scegliere i propri rappresentanti. E allora sì, che vinca il migliore.

Consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti

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