GIORNALISMO, ADDIO A AMEDEO RICUCCI, GRANDE INVIATO DI GUERRA E AMICO DI PUNTOEACAPO

di Claudio Callini

“La mia è stata una candidatura di testimonianza. Non aspiro a posti e non nutro grandi speranze nel futuro della nostra professione. Penso però che questo Congresso ci offra un’opportunità: seminare dissenso e pensiero critico nei confronti di chi, la maggioranza, ha svuotato di senso il lavoro sindacale. A Milano ci sarà una platea in ascolto: vorrei che lì si seminasse, che si proponessero mozioni di rottura e che ci fossero dei nostri eletti in grado di fare un’opposizione dura, concreta e in costante contatto con i colleghi della Rai. Il Congresso è tra una settimana, c’è da sbrigarsi. È tempo di decidere!”.

Con queste parole Amedeo Ricucci, scomparso oggi dopo avere combattuto contro un brutto male, aveva accettato lo scorso autunno di partecipare al congresso Usigrai dello scorso autunno con la lista sostenuta da Puntoeacapo.

Nel video l’intervento di Amedeo Ricucci all’ultimo congresso dell’Usigrai

Inviato speciale di vecchio stampo, sempre in viaggio tra Africa e Medio Oriente – tanto che tutti in redazione lo chiamavamo simpaticamente Hamed – Amedeo ha sempre amato in maniera viscerale la professione. Raccontava con coraggio le situazioni più critiche del mondo e le guerre. Entrava sempre nel vivo delle emergenze, sapendo in alcuni casi di mettere a rischio la propria vita, come quando fu sequestrato per undici giorni nel 2013 in Siria.

Negli ultimi mesi, mentre lottava contro la malattia con la fiducia e la caparbietà di chi ha combattuto tante battaglie, ha continuato a lavorare con energia e impegno. Poco più di un mese fa uno Speciale tg1 sulla guerra in Ucraina e, in questi giorni, si trovava nella sua Calabria per girare un altro reportage sulla ‘ndrangheta.

Aveva tanti progetti di lavoro. Era instancabile e guardava sempre al futuro. Quando il mese scorso ci siamo salutati nei viali di Saxa Rubra prima della sua partenza mi ha detto. “Stavolta vado a girare una cosa vicino così non mi stanco troppo”. Forse era la prima volta che sentivo da lui la parola “stanchezza”.

Credeva nel sindacato. Nel rispetto delle regole. Aveva un profondo senso della giustizia. Vi lascio sempre con le sue parole, al ritorno dal congresso Usigrai.

“Serve un sindacato che faccia il sindacato e non si accontenti – come in passato – di una cogestione all’amatriciana, al ribasso e di piccolo cabotaggio. Serve un Sindacato che non si accontenti di favorire la carriera de pochi fedelissimi appartenenti al suo Cerchio Magico, abdicando invece al suo vero ruolo, di controparte dell’azienda. Serve infine un sindacato che non si trinceri nel fortino di Saxa Rubra ma riprenda a dialogare con i colleghi delle altre realtà editoriali italiane, nella consapevolezza che la crisi che attanaglia il settore ci investe tutti e richiede uno sforzo collegiale. Nessuno può sperare di vincere da solo”.

Amedeo Ricucci era un cavallo di razza, ma per dimostrarlo aveva dovuto combattere a lungo contro il precariato e una strisciante sottovalutazione. Un grande giornalista che amava il giornalismo della schiena dritta e voleva difenderne la dignità. Puntoeacapo perde anzitutto un amico e poi un collega che con il suo nuovo ruolo nell’Usigrai avrebbe voluto e potuto dare una testimonianza per l’amore di questa professione e la difesa dei colleghi più deboli. Ci mancherai Amedeo, tanto.

Carlo Chianura

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