INPGI, ORA LA MAGGIORANZA DETTA CONDIZIONI AL GOVERNO: TAGLIAMO SE CI DATE I COMUNICATORI

di Paola Cascella *

Misure inutilmente punitive nei confronti dei giornalisti in attività e in pensione e comunque insufficienti a sanare il disavanzo monstre dell’Inpgi. Tagli che, peraltro, sarebbero messi in atto solo se il governo dovesse assicurare entro l’anno l’ingresso dei comunicatori.

Siamo ormai alla commedia dell’assurdo, con la maggioranza che governa l’istituto che inventa un nuovo genere letterario fantascientifico consistente nella “delibera d’intenti” che verrebbe onorata solo in presenza di un impegno nientemeno che del futuro governo, una specie di pagherò.

Siamo a questo e – come abbiamo già scritto – una volta arrivati al fondo abbiamo cominciato a scavare.

In tutto questo scenario surreale, gli unici a non essere toccati dai sacrifici vari ed eventuali sarebbero gli editori, gli stessi che per decenni hanno usufruito di una contribuzione di favore con un risparmio per le loro finanze che qualcuno ha valutato in un miliardo di euro.

Si tratta di un piano in cinque punti che il Cda ha appena approvato a maggioranza, dicendo sì a un’inedita “delibera di intenti” che verrà presentata al governo per raggiungere l’obiettivo di sempre, l’entrata anticipata dei comunicatori, gli unici, ripete via Nizza, capaci di far uscire dalle secche di 253 milioni di rosso il nostro Istituto di previdenza.

“Basta giocare solo in difesa” scrivono i sette consiglieri di amministrazione che fanno capo alla maggioranza in un documento che presenta la riforma, o per meglio dire la riformetta, pensata come una sorta di do ut des “per salvare le pensioni e l’autonomia dei giornalisti”.

Una riformetta, si diceva, inutilmente punitiva nei confronti di alcuni, per esempio di chi in futuro non potrà più usufruire della casa di riposo, dell’assegno di superinvalidità, del sussidio… Inutilmente punitiva in quanto di scarsissimo risparmio per l’ente, a una prima valutazione meno di 20 milioni in tutto. Ecco i cinque punti.

CONTRIBUTO STRAORDINARIO – Introduzione per cinque anni di un contributo straordinario, pari all’1 per cento, a carico dei giornalisti attivi (per mezzo di un maggiore contributo previdenziale) e dei pensionati. Questi ultimi sono i colleghi ai quali non è possibile chiedere un nuovo prelievo forzoso, dopo che il Consiglio di Stato ha stabilito che quella misura già inflitta dall’Inpgi per tre anni, non si può reiterare. L’introito previsto in questo caso è di 10 milioni annui dagli attivi e 5,5 milioni dai pensionati.

REDDITO CUMULABILE – Rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, adottando la soglia di 5000 euro l’anno rispetto agli attuali 22.524. Il maggiore introito sarebbe di 1,5 milioni annui.

CONGELAMENTO DEL WELFARE – Un capitolo odioso: vengono sospese le nuove richieste di prestazioni facoltative come l’assegno di superinvalidità, con un taglio di circa 1 milione l’anno, casa di riposo (174.000 euro di risparmio), sussidi (28 mila euro).

TAGLIO ALLE PENSIONI DI ANZIANITA’ – L’ipotesi è di colpire le future pensioni di anzianità con l’abbattimento percentuale a chi ha requisiti inferiori a quelli stabiliti dalla legge Fornero. La misura è dello 0,25 per cento mensile. Si tratta di un sostanziale allineamento al sistema generale: si riduce l’assegno a chi vuole andare in pensione di anzianità con gli attuali requisiti Inpgi.

Se per esempio si va in quiescenza anticipata a 62 anni e 5 mesi dopo 40 anni e 5 mesi di contributi, requisito oggi previsto dall’Inpgi, invece che dopo 42 e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, come prevede la Fornero, si avrà una riduzione dell’assegno dello 0,25 per cento al mese, moltiplicato per i mesi mancanti alla parificazione con il requisito Inps. I consiglieri di minoranza Carlo Parisi, Elena Polidori e Daniela Stigliano in un documento stimano in questo caso un abbattimento delle pensioni del 4,25% per le donne e del 7,25 per gli uomini. Risparmio totale previsto per il 2021: ben 225.000 euro.

COSTI DI STRUTTURA – E’ lecito immaginare che finalmente qualcuno si sia vergognato e abbia deciso di mettere mano in modo un po’ più significativo di quanto previsto nella bozza precedente, ai compensi della governance dell’Istituto? Non lo sapremo mai, ma l’ultimo punto del piano prevede una riduzione del 10 per cento delle indennità degli amministratori della nostra cassa previdenziale (taglio di 120.000 euro) e del 5% sui costi di struttura (con un risparmio da 1,14 milioni in totale), compresi i soldi riconosciuti alla Fnsi e alle Associazioni regionali della stampa, che ricevono annualmente contributi per 2,471 milioni di euro.

Questo è tutto. Davvero poca cosa, incredibilmente sbandierata come “la soluzione” dai consiglieri di maggioranza che parlano di un piano di “misure eque e socialmente sostenibili, volte al riequilibrio dei conti”, se il governo “adotterà misure strutturali per la salvaguardia dell’Inpgi”.

Senonché il governo ha già escluso l’ingresso dei comunicatori privati. E da quelli pubblici ci si aspetta contributi pari a circa 50-55 milioni l’anno, non di più. Difficile che bastino a mettere in equilibrio i conti Inpgi. Intanto non può passare inosservata la scomparsa di altri interventi ipotizzati nella prima bozza, come il contributo straordinario dell’1 per cento che si voleva imporre ai datori di lavoro. Di loro non c’è più traccia. Manca anche il contributo di solidarietà sulle pensioni oltre i 100.000 euro. E la ventilata operazione di unificazione di Inpgi 1 e Inpgi 2.

* Consigliera generale per Inpgi Futuro

7 Commenti "INPGI, ORA LA MAGGIORANZA DETTA CONDIZIONI AL GOVERNO: TAGLIAMO SE CI DATE I COMUNICATORI"

  1. Giuseppe Cipriani | 29 Gennaio 2021 ore 8:08 | Rispondi

    Di solito quando non si è d’accordo su delle linee di intervento, si propongono delle alternative. Vale per le teorie scientifiche, dovrebbe valere anche per l’Inpgi. Qui si sostiene che le proposte in essere siano insufficienti ma non v’è traccia di quali proposte alternative lo sarebbero. Il fantomatico salvataggio statale che viene chiesto con le firme di oltre 2.000 colleghi più che un piano è un porgere il cappello. Chiederei chiarezza in questo senso e unità di intenti, altrimenti arriveremo presto a salvare il nostro istituto di previdenza, forse, eliminando del tutto i requisiti della pensione di anzianità. Bene fanno i consiglieri di maggioranza a chiedere al governo il rispetto dei patti stabiliti col Conte 1 in legge di bilancio. Tutto il resto sa di chiacchiericcio da beghe interne che pregiudicano la nostra credibilità. Riformulo: quali sono le vere alternative che vadano più in là della richiesta dell’elemosina del salvataggio statale?

    • Gentile Giuseppe, non esiste nessun patto stabilito con il Conte 1 e i consiglieri di maggioranza lo sanno benissimo. L’obiettivo dell’articolo è dimostrare la pervicacia nel sostegno di ipotesi in danno dei giornalisti pur di mantenere il proprio privilegio. Quella che tu definisci porgere il cappello è la legittima e dignitosa richiesta di migliaia di colleghi in attività e in pensione, titolari di posizioni previdenziali pluridecennali, che chiedono la garanzia delle proprie pensioni. Una più che valida alternativa ai pannicelli caldi, altro che beghe ed elemosine.

  2. Giuseppe Cipriani | 30 Gennaio 2021 ore 12:47 | Rispondi

    Anche se non si parla espressamente di comunicatori, dal 2023 il primo governo Conte ha messo nero su bianco (mi pare col decreto milleproroghe) l’allargamento della platea contributiva, lo sanno tutti ed è agli atti. E ha previsto delle cifre importanti di ristoro dell’INPS proprio in questa prospettiva. Questa, assieme agli interventi ventilati dalla maggioranza Inpgi, è la via primaria per mantenere l’indipendenza. Quale altra via si conosce, esclusa la richiesta prona di una garanzia non scontata che prevederà comunque l’incorporamento in Inps? Sarebbe gradita una risposta.

    • Punto primo, il 2023 è t r o p p o t a r d i : occorrono 50 milioni al mese per pagare le prestazioni e i soldi finiranno presto. Punto secondo, il governo ha fatto sapere a dicembre che di far entrare i comunicatori privati non se ne parla e l’ingresso di quelli pubblici non risolve il problema. Punto terzo, se tu ambisci alla pensione di anzianità, sappi che l’ipotesi appena fatta nella “delibera d’intenti” prevede esattamente la formula Inps. Punto quarto: che vuol dire “indipendenza” nella previdenza? Forse i magistrati, le cui pensioni sono pagate dall’Inps, sono per questo meno indipendenti? Forse basta con le parole d’ordine elitarie e fuori dal tempo? O vogliamo andare avanti nel default per vedere l’effetto che fa? Per fare gli interessi di chi?

      • Giuseppe Cipriani | 31 Gennaio 2021 ore 9:25 | Rispondi

        Nella delibera i requisiti pensione a 62 anni e 5 mesi (con 40 e 5 mesi di contributi) non sono toccati, restano una prerogativa Inpgi. Se vi riferite alla anticipata della Fornero a 42 anni e 10 mesi, questa è un’altra questione che subentra quando uno non raggiunge il requisito dei 62 anni e 5 mesi. Questo dettaglio non deve sfuggirvi, altrimenti non ci capiamo e vengono spacciate inesattezze! Grazie

        • Resta il requisito Inpgi ma, come spiegato nell’articolo, con un taglio che può arrivare a oltre il 7 per cento nel caso in cui non si verifichino i requisiti contributivi della legge Fornero.

  3. Paolo Mastromo | 1 Febbraio 2021 ore 13:56 | Rispondi

    Trovo veramente incredibile ciò che sta accadendo intorno all’Inpgi. Istituto che, nella sostanza, è un’azienda privata; che come tale può fallire. Ricordo bene la “lotta” per l’indipendenza dall’Inps. E’ stata una nostra decisione, nessuno ce l’ha imposta. Anzi, l’abbiamo pretesa. Credevamo di “guadagnarci”, ma siamo stati miopi. Quello che mi stupisce è che i giornalisti oggi si tirino fuori. Le “colpe” sono della crisi, degli editori, del Governo e di chissà chi altro: ci pensino loro, a risolvere un problema che loro non hanno, e che abbiamo noi. Pensare che questa posizione provenga da “giornalisti” (che per mestiere dovrebbero “comprendere”, per poter poi riferire) è avvilente.
    Va bene “negoziare”, certo, e in questa ipotesi tutte le opzioni possono essere aperte. Ma incominciamo con il dire che bisognerebbe predisporre un “piano” responsabile e autonomo: i giornalisti – attivi e pensionati – ripartiscono al loro interno il deficit dell’Inpgi, pro-quota e in base ai loro redditi. Sarà un salasso, ma meglio un salasso che restare senza pensione (i pensionati) e senza prospettive (gli attivi, che potrebbero scoprire, sulle soglie della pensione, che i contributi che hanno versato per decenni non esistono più).
    Ma come si fa? Se i colleghi chiamano “lacrime e sangue” un prelievo straordinario e temporaneo dell’1%, di che cosa stiamo parlando?

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