PREPENSIONATI EX INPGI, DIVENTA INCANDESCENTE IL DOSSIER. LA BUROCRAZIA CI HA MESSO LO ZAMPINO

di Gianni Dragoni

E’ diventato incandescente il dossier dell’Inps sui prepensionamenti nell’editoria. L’istituto pubblico non ha pagato neppure questo mese la pensione ai giornalisti che hanno dato le dimissioni a partire dal primo luglio scorso e hanno presentato la domanda di prepensionamento all’ente presieduto da Pasquale Tridico.

Sarebbero 40 i casi di prepensionabili (con almeno 62 anni di età e 25 anni e 5 mesi di contributi) che non ricevono né la pensione né lo stipendio, in prevalenza a quanto ci viene riferito giornalisti ex dipendenti di testate del gruppo La Repubblica o Gedi e del Sole 24 Ore. Ricordiamo che la pensione viene pagata all’inizio del mese, non alla fine come lo stipendio.

In novembre si è già ripetuto quanto avevamo già segnalato su Puntoeacapo con un articolo il 3 ottobre scorso. Pertanto c’è chi è in attesa dell’assegno già da quattro mesi, fin da agosto per chi ha lasciato il lavoro in luglio, chi da tre mesi se è fuoriuscito dalle redazioni in agosto e così via.

Il ritardo nei pagamenti inizialmente sembrava fosse attribuibile ai tempi burocratici necessari a rendere fluido il passaggio della funzione previdenziale dell’Inpgi 1 all’Inps, avvenuto a mezzanotte del 30 giugno, come previsto dalla legge di Bilancio del 2022 (legge n. 234 del 2021, comma 103 e seguenti). Ma a poco a poco si è capito che non è così e tra i destinatari della (mancata) pensione la preoccupazione sta aumentando.

Facciamo notare che l’Inps sta versando regolarmente l’assegno mensile ai giornalisti già pensionati “ereditati” dall’Inpgi 1 o che hanno chiesto la pensione di anzianità o vecchiaia successivamente al passaggio (di solito c’è un ritardo di due-tre mesi, ma pare sia la media per le pratiche ordinarie Inps) e anche ai prepensionati usciti dal lavoro fino al 30 giugno. Solo quelli che si sono dimessi chiedendo il prepensionamento da luglio, da quando cioè la competenza previdenziale è passata all’Inps, sono finiti nel limbo.

Da quanto abbiamo appreso ci sono altri motivi che ritardano i pagamenti. Innanzitutto i conteggi, le verifiche fatte dall’Inps sull’effettivo versamento di tutti i contributi, in particolare della riserva matematica a carico delle imprese editoriali, tenute fin dal 2009 a versare all’Inpgi (almeno fino al 31 maggio scorso) il 30% del costo di ogni prepensionamento. L’altro 70% era a carico dello Stato.

Come Puntoeacapo ha già riferito il 3 ottobre, gli editori non vogliono più pagare il 30% e hanno cercato di approfittare del passaggio all’Inps per strappare un accordo alla Fnsi, firmato il 16 marzo di quest’anno, che abolisse quest’onere. Ma è un’intesa fra due soggetti privati che scarica il costo su un terzo, cioè lo Stato. La delibera del cda dell’Inpgi che ratificava questo singolare accordo è stata bocciata dai ministeri vigilanti, il Lavoro e l’Economia. E adesso si rischia il caos.

A questo si aggiunge il buio informativo. Il personale che tratta le pratiche di pensione è sempre lo stesso di prima, sono 94 i dipendenti che sono passati dall’Inpgi alle dipendenze dell’Inps, a partire dal 14 novembre. Le operazioni, con i conteggi sui contributi versati e gli assegni da liquidare, sono però soggette alla convalida dell’Inps, cui spetta l’ultima parola.

Chi attende la pensione ufficialmente può informarsi solo via internet, attraverso il canale “MyInps”, e lì trova la risposta secca che la pratica è “in lavorazione”. L’Inps non fa “sportello”, non dà spiegazioni a voce. Chi ha bisogno di informazioni è disorientato.

“L’Inps ha deciso di attendere, per la liquidazione dei prepensionamenti, l’emanazione della relativa circolare applicativa”, aveva detto in settembre una fonte dell’Inpgi ad alcuni giornalisti in attesa. L’Inps ci aveva successivamente confermato che serve un decreto del ministero del Lavoro e, a valle, una circolare applicativa per i prepensionamenti che avrebbe dovuto essere emanata dall’istituto pubblico.

Il dossier è passato dall’ex ministro Andrea Orlando alla nuova ministra del Lavoro del governo Meloni, Elvira Calderone, senza che si sia trovata una soluzione. Prima di scrivere questo articolo abbiamo interpellato l’Inps, senza però ricevere indicazioni.

Alcuni aggiornamenti li ha dati la presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, nel consiglio generale del 10 novembre. Macelloni ha raccontato ai presenti che l’Inps ha presentato un quesito specifico al ministero del Lavoro per sapere se la normativa dei prepensionamenti per i giornalisti già applicata dall’Inpgi valga anche per l’Inps. La normativa è l’articolo 37 della legge n. 416 del 1981, che ha conosciuto alcune modifiche successive.

Nessuno ha mai messo in discussione che questa norma rimanesse in vigore, del resto la legge di Bilancio del 2022 che ha trasferito l’ex Inpgi 1 all’Inps non ha affatto menzionato la legge 416. Sembrerebbe di essere nel campo dell’ovvio, ma tant’è, almeno stando a quanto detto da Macelloni. L’Inps – da quanto riferito nella riunione – ha voluto l’assicurazione scritta del ministero che l’articolo 37 della legge 416 continua ad applicarsi ai giornalisti anche nel nuovo regime sotto l’ente pubblico.

Secondo la presidente Inpgi la discussione della pratica ha fatto un passo avanti e sembra che sia finalmente arrivata alla direzione generale dell’Inps. Dopodiché deve essere fatta la circolare, che sarà scritta dall’Inps ma deve essere avallata dal ministero del Lavoro.

I tempi per completare la navigazione tra questi uffici non sono definiti, difficile aspettarsi che siano brevi prima dell’approdo del documento nel “porto sicuro”. La circolare, del resto, è l’atto più alto nel quale si sublima la burocrazia. Si fa l’ipotesi che i colleghi prepensionabili, nella migliore delle ipotesi, non verranno pagati prima di gennaio (con tutti gli arretrati di pensione). Sempre che non sorgano imprevisti o altri problemi nei conteggi.

Intanto i dimissionari per prepensionamento, a causa del limbo in cui si trovano, non avranno diritto a ricevere la rata annuale dell’ex fissa – fino a 3.000 euro lordi – che quest’anno verrà pagata a fine novembre dall’Inpgi (anziché a dicembre/gennaio come negli ultimi anni), perché non hanno ancora il timbro definitivo che certifichi il loro status di pensionati. Oltre al ritardo dunque c’è anche la beffa.

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